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Dolomites Maadness

LA MARMOLADA È REGINA DELLE DOLOMITI E MADRE DELLA NOSTRA STORIA

La memoria della Grande Guerra è custodita nel museo più alto d’Europa, a 3.000 metri, rinnovato nel 2015 e raggiungibile in funivia e l’ingresso è incluso nel biglietto dell’impianto di risalita

Il versante che affaccia su Malga Ciapela è senza dubbio il volto più autentico della Marmolada, qui non si avverte l’impatto del turismo di massa. Tutto il personale della funivia, che ti accoglie premuroso, da giù in valle fino alla terrazza panoramica, ti scruta fino all’ultimo con attenzione perché tu possa confermargli che, sì, questo posto, è meraviglioso e davvero unico!

Come un grande vecchio saggio, il ghiacciaio, veglia da secoli sulla Marmolada difendendone la sua più naturale vulnerabilità, che è poi la vulnerabilità dell’Uomo stesso, della Storia vissuta, anche nella piccola quotidianità, con eroismo, ingegno, dolore e amore, di cui, il Museo, molto ben rinnovato nel 2015, in occasione del Centenario della Grande Guerra, ci consegna intatta la nostra memoria più preziosa e tangibile.

Un meraviglioso scrigno di cimeli e di storie incredibili conservati da 100 anni a 3.000 metri d’altezza: è il Museo Marmolada Grande Guerra, il Museo più alto d’Europa, voluto fin dal 1990 da Mario Bartoli e Bruno Vascellari, il primo alla guida della Onlus Museo della Grande Guerra in Marmolada, il secondo già capo di Marmolada Srl, per fare rivivere l’ambiente realisticamente multisensoriale di una guerra combattuta tutta sulle Dolomiti, e per onorare, con un rinnovo di tre anni fa, l’Anniversario della fine della guerra 1915-18 e la memoria dei soldati qui caduti.

Il Museo è raggiungibile soltanto in funivia e l’ingresso è incluso nel biglietto dell’impianto di risalita. Dalla stazione di Punta Serauta, in estate, è poi anche visitabile all’aperto, la Zona Monumentale Sacra, quindi inoltrarsi a piedi fin dentro le trincee e gallerie scavate dai soldati italiani tra il 1916 e il 1917, o avere uno sguardo d’insieme sulle postazioni di guerra italiane e austro-ungariche, e i loro rispettivi camminamenti, attraverso i cannocchiali posizionati all’interno del Museo.

Il Museo Marmolada Grande Guerra 3.000 m. espone, in un suggestivo allestimento, i tanti cimeli rinvenuti in questi anni, mappe, carte, immagini video e fotografie. Percorrendo gli stretti corridoi, che riproducono anche fisicamente le dimensioni di una trincea, si vive con immediatezza il senso di finitezza dato dal teatro di guerra e dall’ambiente circostante. E forse, qui, più che altrove, è la stessa montagna che, nel consegnarci i nostri ricordi più preziosi, ci invita a contraccambiare con un gesto di rispetto.

Ad impressionare maggiormente il visitatore, con tutta la sua dolorosa spettacolarità, è senza dubbio la cosiddetta “Città di ghiaccio” di cui il Museo espone un plastico molto efficace: la Eisstadt, ricavata nel ghiacciaio su idea del tenente austriaco Leo Handl per sfuggire al tiro degli italiani e attenuare le severe condizioni meteo in cima alla Marmolada d’inverno.

Una vera caserma realizzata sotto il ghiaccio che si snoda per 12 chilometri di gallerie 50 metri sotto la superficie, e che unisce le baracche in legno adibite a rifugio, infermeria, magazzini, cucina e dormitori. Qui, tra il 1916 e il 1917 vi vissero contemporaneamente fino a 200 soldati, anche in 70 in una stessa baracca per 2 estati e 1 inverno. Così almeno il freddo non scendeva sotto lo zero, anche se umidità e fumi rendevano l’aria decisamente poco salubre”, ci spiega Attilio Bressan, da 30 anni volontario del Soccorso Alpino su questa montagna e protagonista di tantissimi ritrovamenti.

Gli italiani, arroccati su per la Punta Serauta, vivevano invece costantemente la pendenza della roccia, in un disperato duello di posizione con i dirimpettai austriaci, in difesa del confine. Almeno fino alla disfatta di Caporetto, quando la Marmolada fu abbandonata e la trincea si spostò più a Sud.

Un Museo vivente, il ghiacciaio dunque, che periodicamente disvela ancora, restituendoli alla luce, piccoli oggetti del più doloroso quotidiano: una scatola di cerini, un pacchetto di sigarette, un pettine, un macinino da caffè, un pentolino, una fotografia… Tutto oggi esposto, con una breve didascalia esplicativa, a rievocare segni tangibili di una vita che non c’è più, spazzata via dalla guerra. I morti sulla Marmolada furono 9.000, di cui però solo 3.000 furono vittime dei combattimenti. Gli altri 6.000 soldati morirono per le aspre condizioni di vita.

Testi a cura di Lucia Filippi

Photo Credits © Capitale Cultura Group